La pazza gioia è un film bello e toccante che parla di follia, di amicizia e della possibilità di farcela nonostante tutto. Il film offre uno spaccato onesto e vero sul mondo della malattia mentale e sulle possibilità di cura che ci sono attualmente.
IL FILM
Beatrice e Donatella sono due ospiti della casa di cura Villa Biondi che accoglie ospiti con problematiche psichiatriche. La prima viene da una vita agiata del mondo dell’alta borghesia, una vita fatta di cose belle e lussuose, che ha mandato a monte a causa del suo disturbo bipolare; la seconda, Donatella, è una ragazza fragile e depressa con un passato segnato da un gesto terribile.
Entrambe sono due donne profondamente fragili ed incapaci di gestire se stesse, entrambe non riconoscono più di tanto la loro malattia e non comprendono bene, all’inizio della storia, il motivo per cui sono in una situazione terapeutica. Beatrice e Donatella si legano, da subito, con un profondo legame, e se è Beatrice, con la sua effervescenza ed interminabile logorrea, a scegliere Donatella come sua compagna di stanza, anche Donatella sembra trovare in Beatrice una sponda sicura, per quanto folle, su cui appoggiare la sua fragile esistenza. Il loro legame si consoliderà dopo una mirabolante fuga dalla comunità terapeutica alla ricerca di un po’ di “pazza gioia” e di libertà. Le due impareranno a conoscersi ed a volersi bene, nonostante tutto.
IL DISTURBO BIPOLARE
Il disturbo bipolare è una malattia molto grave che alterna fasi depressive ad altre di totale euforia in cui la persona che ne è affetta perde il controllo di sé fino ad avere interpretazioni deliranti della realtà e agiti aggressivi, così come è ben descritto nel film. Beatrice, interpretata magistralmente da Valeria Bruni Tedeschi, delinea un personaggio realistico e toccante, nella sua perenne euforia e nei toni sopra le righe. Spesso la crisi maniacale avviene quando si interrompono i farmaci utilizzati per stabilizzare l’umore, la persona inizia a non dormire e ad essere preda di un umore iperattivo e privo di controllo. A questa fase, a seconda del sottotipo di disturbo, possono alternarsi una o più fasi di depressione.
LA DEPRESSIONE MAGGIORE
Donatella è affetta da una problematica altrettanto grave, la depressione maggiore, uno stato di profonda ed irrimediabile tristezza che la rende incapace di vivere e di tutelare se stessa e chi le sta accanto. Michela Ramazzotti, al pari dell’altra protagonista del film, è bravissima nel rappresentare una ragazza profondamente toccata dal dolore e dall’esperienza del non avere valore ne per sé ne per gli altri. Entrambe le donne hanno famiglie sgangherate e molto patogene, entrambe hanno fatto incontri sbagliati che le hanno portate alla deriva e al disastro esistenziale della malattia.
LA MALATTIA MENTALE COME STEREOTIPO e STIGMA
Virzì è davvero bravo a rappresentare la loro umanità, fatta di slanci vitali e di sofferenza e a non cadere nello stereotipo della malattia calata dall’alto a schiacciare l’umanità di chi ne è affetto. Le due donne sono certamente malate, e diagnosticabili secondo i parametri della psichiatria, ma,così come accade nella realtà, la loro follia è solo l’esasperazione delle loro qualità e delle loro tristezze, l’esito di incontri e fatti accaduti loro in una spirale negativa di eventi. Si è matti come dato di fatto o è la società a renderci matti? Il regista sembra comprendere che è una domanda senza risposta e che la linea che separa i sani dai folli è sottile e sfumata almeno quanto lo è la definizione di malattia.
Anche il mondo della psichiatria viene descritto senza stereotipi negativi o positivi ma con attenzione alle sfumature ed anche alle difficoltà di un mondo che vive anch’esso le contraddizioni dello stato che vuole curare. Operatori e situazioni vengono raccontati nel film con accuratezza e umanità.
Per Donatella e Beatrice la grande gioia è la possibilità di sentirsi ancora vive a libere, fuori dagli angusti schemi che la società inevitabilmente impone a chi attua, con la sua fragilità e con la sua follia, comportamenti che possono essere lesivi per sé e per gli altri. La grande gioia delle due protagoniste è la possibilità di una fuga, di una seconda change, di un potersi finalmente riconoscere, con i propri terribili dolori e con la propria voglia di vivere, nello sguardo amico di una persona che ci accetta per quello che siamo.