The Lobster è un film sorprendente ed originale che propone una cupa riflessione sul tema della coppia e dell’amore. Un affresco ironico e crudele sulle nostre società e sui paradossi che sembrano caratterizzarle.
IL FILM
In un’Inghilterra dai toni grigi la famiglia è il nucleo sociale permesso e legittimato dalla legge, mentre chi sceglie di vivere da solo diviene un criminale punito duramente e costretto a vivere in clandestinità se non vuole rinunciare alla propria solitudine. Nella storia coloro che tornano single dopo un percorso di coppia vengono portati in un austero albergo all’interno del quale hanno 45 giorni per ri-abbinarsi ad un altro essere umano, un altro single, e formare così in una nuova coppia. Se entro il tempo prestabilito il singolo non torna nel circuito delle coppie verrà trasformato in un animale.
Il protagonista maschile della storia, un panciuto ed ingrigito Colin Farrel, viene portato all’albergo e qui inizia per lui un girone infernale per ri-accoppiarsi con una nuova partner. In seguito l’uomo decide di fuggire per unirsi ad un gruppo di singles che vivono in clandestinità nel bosco. Fra di essi vige una regola di solitudine, insensata e rigida, almeno quanto quella dell’obbligo di stare in coppia.
Fatalmente nel bosco il protagonista si innamorerà di una donna, una triste e smarrita Rachel Weiz, ed i due cercheranno, divenuti quindi irregolari anche nel gruppo dei solitari, di tornare a vivere in città senza incorrere nelle durissime e sanguinarie regole a cui il gruppo sottopone coloro che si innamorano.
L’AMORE LIQUIDO
In una società in cui l’amore è definito da Baumann un amore liquido, incapace cioè di responsabilità ed impegno e la solitudine è temuta e stigmatizzata come uno stato di inadeguatezza, il film di Yorgos Lanthimos propone una realtà parabolica e parossistica.
Il film procede inesorabile e dai toni sempre più depressivi fino all’epilogo aperto, ma comunque amaro, che sembra immobilizzare i suoi protagonisti in una sorta di impossibilità di amare.
L’amore diviene quindi un’irregolarità non prevista, una scelta drammatica e dagli esisti incerti. Al mito dell’amore sembra sostituirsi la pesantezza della amore che limita la propria espressione e richiede sacrifici e scelte che mutilano parti di noi. Una visione pessimista ma originale sulle relazioni.
IL MERCATO DELL’AMORE
La società contemporanea propone, da un lato, una cultura estroversa che, stigmatizza e demonizza la solitudine, ma fa, al contempo, dei “singles” una fascia di mercato avvallata dalla cultura dell’individualismo.
Spesso le persone sole sono portate ad entrare in veri e propri circuiti prestabiliti (iscrizioni a siti di incontri su internet, appuntamenti organizzati, i così detti speed dating) spinti dall’idea che sia indispensabile rincorrere la propria anima gemella a tutti i costi. Al contrario c’è chi fa della propria “singlitudine” uno stile di vita sbandierato con orgoglio e convinzione all’insegna forse di un’impossibilità di crescere di prendersi delle responsabilità. In entrambi i casi si intravede una sorta di coazione, di rigidità che lascia poco spazio alla verità personale ed esistenziale degli individui.
LA TERZA VIA: L’ANIMALE COME SCELTA CREATIVA
La terza via descritta nel film, il trasformarsi in animale potrebbe aprire forse ad una lettura simbolica diversa, ad una possibilità temuta ma non totalmente negativa. La trasformazione in animale, che appare nel film come una sorta di sanzione finale all’impossibilità di trovare un partner, sembra rimanere come l’unica scelta prevista in cui le persone possano esercitare il proprio volere e una propria individualità creativa. Nel film ognuno ha la libertà di scegliere l’animale in cui trasformarsi secondo la propria preferenza.
In questa trasformazione il soggetto può esprimere il suo desiderio e la sua singolarità; quel desiderio e quella singolarità che non sembrano trovare spazio nelle possibilità codificate dell’essere in coppia ad ogni costo o guerrescamente soli. Gli animali dunque sembrano essere un passaggio esistenziale legato alla possibilità di “evadere” da alcuni automatismi che la società di massa impone e propone alle persone, una scelta certo radicale ma anche creativa.Una sorta di purgatorio dell’anima che sembrerebbe preferibile alla tristezza di percorsi omologati e privi di individualità.
L’INIDIVIDUAZIONE
La trasformazione in animale direbbe Jung, diviene una possibilità di individuazione. Individuarsi significa trovare un proprio percorso interiore personale che permetta di evolvere e relativizzare l’Io rispetto ad altre istanze psichiche. L’animalità quindi, come suggerisce il film, come stato regressivo ma anche come possibilità di una maggior contatto con il proprio mondo istintuale e la propria individualità.