Un re allo sbando è un film delicato e surreale, che ben si presta ad una lettura psicologica e ad una interpretazione della storia in chiave junghiana, così come accade alle fiabe ed ai miti.
IL FILM
Il re del Belgio, Nicola III, è in visita ufficiale in Turchia. Durante questa missione diplomatica viene a sapere che nella sua nazione è avvenuta una scissione fra le due popolazioni appartenenti al Belgio. Fiamminghi e Valloni, a lungo tenuti insieme da una regola amministrativa, rivendicano la loro autonomia e reciproca identità. Il re e la sua piccola corte si trovano quindi ad escogitare una fuga rocambolesca e divertente per raggiungere il Belgio via terra, inseguiti dalla polizia turca, che cerca di impedire un incidente diplomatico che metta in cattiva luce il paese.
Il re, il suo segretario personale, la giovane segretaria ed il cameriere attraversano la Bulgaria e poi la Jugoslavia tra mille divertenti imprevisti ed incontri significativi.
Nel corso del viaggio le uniche presenze amiche, sembrano essere il cameriere e il regista che si occupa di documentare il viaggio all’estero del sovrano. Sarà proprio il regista ad appoggiare la fuga del re dal paese straniero per raggiungere il Belgio, nel tentativo di sanare il conflitto in atto.
Come in tutte le fiabe che si rispettino, il viaggio fornisce la possibilità di una crescita personale ed umana per tutti i personaggi ed in particolare per il protagonista.
UNA LETTURA SIMBOLICA DEL CONFLITTO
Un re allo sbando è un’allegoria della reale attualità del Belgio che, al momento, è scisso, e funziona come due entità separate dal punto di vista amministrativo, pur essendo paradossalmente centro dell’Unione europea.
Il film prende quindi spunto dalla cronaca reale ma offre interessanti letture a livello simbolico.
In una lettura junghiana della storia il re rappresenta l’atteggiamento cosciente, l’Io della personalità, che ha il compito di gestire e mediare fra le diverse parti della personalità, aspetti di sé complementari ma anche in opposizione fra loro, che entrano in collisione e mettono a rischio l’unità del paese e della personalità.
Il re nella storia è in missione diplomatica in un paese straniero la Turchia, che ha la prospettiva di entrare nella federazione europea. La personalità si trova quindi ad affrontare una doppia difficoltà, è fuori di sé, impegnata nel relazionarsi con un contesto diverso e straniero, e, al contempo, dentro di sé, deve sbrogliare una diatriba fra parti contrapposte. Siamo in presenza di un conflitto . L’Io non riesce a gestire il suo conflitto interno e di conseguenza neanche il rapporto con l’esterno.
Quando non si è solidi e consapevoli di se stessi è difficile rapportarsi con gli altri. Il conflitto fra i due popoli rappresenta un conflitto psicologico, due aspetti della personalità che non riescono ad armonizzarsi, a trovare un punto di incontro.
LA PERSONA E LA PERDITA DI CREATIVITA’
Il protagonista appare all’inizio del film come una persona priva della possibilità di esprimersi, stritolato tra rigidi formalismi. L’Io è identificato con la Persona, con quella parte della personalità che ha il compito di relazionarsi con gli altri e di farlo secondo le regole, rappresentati nel film dal segretario e dall’assistente.
La Persona, intesa in senso junghiano, è una funzione di interfaccia fra noi e gli altri che deve sottostare a modalità condivise di relazione. Quando l’Io è però troppo aderente alla Persona, perde di profondità e delle possibilità di essere in contatto con i suoi bisogni e le sue istanze vitali.
Carl, il personaggio che interpreta il re, è schivo e taciturno, costretto alle rigide regole della diplomazia che il suo segretario e la sua assistente gli impongono. Ogni gesto spontaneo e creativo deve essere trattenuto ed essere supervisionato da queste due persone.
IL VIAGGIO COME METAFORA DELL’INDIVIDUAZIONE
Ai protagonisti del film sarà necessario un lungo viaggio per ritrovarsi e per tornare a casa.
I nostri eroi attraverseranno terre sconosciute e impareranno a cavarsela in diverse situazioni. Nel corso del viaggio il protagonista dovrà spogliarsi della sua identità di re, ed essere prima di tutto “uno fra gli altri”.
Questo potrebbe rappresentare simbolicamente che l’Io deve abbandonare una dimensione di egocentratura. Il protagonista deve attraversare molte incertezze, ansia e depressione, la paura di non riuscire a tornare a casa o quella di perdersi. Attraversare queste emozioni lo renderà più forte e consapevole. Per recuperare stabilità egli deve sopportare di perdere momentaneamente le sue certezze e fare i conti con la propria umanità, con le proprie fragilità e con i propri desideri.
Il viaggio permette al protagonista di ritrovare innanzitutto la sua umanità e poi il coraggio per essere assertivo e capace di decidere per sé e per il proprio paese. La personalità può riacquistare il suo equilibrio e superare il conflitto.
LA TERAPIA COME NARRAZIONE DI SE’
Questo è quello che Jung chiamerebbe un percorso di individuazione, il lungo viaggio che una personalità fa per evolvere e recuperare la sua capacità di gestirsi in relazione a se stesso e agli altri. A raccontare tutto questo c’è un documentarista, un testimone, una sorta di Io ausiliario e riflessivo, forse un terapeuta che tiene le fila della storia e supporta il protagonista.
L’occhio esterno del documentarista commenta l’intera vicenda e rientra, a tratti, a farne parte in prima persona, con una visione disincantata ma, al contempo, lucida e non giudicante di quello che sta accadendo.
Questa figura può simbolicamente rappresentare una funzione terapeutica.
La narrazione di se e della propria storia di vita è infatti fondamentale quando si è in crisi e si perde il proprio senso di sé. Attraverso essa si ricostruisce una nuova solidità.
Questo piccolo film è delicato e pieno di poesia così come lo possono essere i percorsi attraverso i quali le anime tormentate ritrovano la loro strada verso casa.