La ritualità nell’elaborazione del lutto

lutto psicologa psicoterapeuta Torino
IL LUTTO IN LUOGHI E TEMPI DIVERSI

Nella nostra società il lutto è un evento che viene vissuto in forma privata piuttosto che pubblica, un dolore che la persona deve superare essenzialmente da sola.

In epoche precedenti ed in altre culture esistevano ed esistono dispositivi sociali pensati per “non lasciare sola la persona” ad affrontare il dolore di una perdita. Così nelle cultura del sud Italia, ma non solo, fino agli anni ’60 esistevano alcune donne, le cossidette prefiche, che assumevano il ruolo di lamentatrici di professione; esse vegliavano il defunto e lo accompagnavano lungo il corteo funebre esternando dolore e rabbia.

Ugualmente in molte culture indigene la morte ed il distacco vengono affrontate attraverso rituali di condivisione allargati all’intero villaggio.

Oggi nelle società occidentali la ritualità legata alla morte rimane in forma ridotta ed è privata di quella potenza emotiva e simbolica che caratterizza le epoche precedenti o altre culture.

IL  DOLORE COME FORMA PRIVATA

Nella nostra società, liquida ed individualista il dolore viene considerato essenzialmente una questione privata ed il peso ne ricade esclusivamente sul singolo. Ognuno è lasciato a se stesso e alla presenza della propria cerchia ristretta di famigliari ed amici.

La nostra società, come già aveva evidenziato Baudrillard negli ann ’70, rimuove il tema della morte e lo destina nell’ombra dell’inconscio collettivo; l’angoscia legata a questo evento viene fortemente negata  sebbene il contatto con le immagini di morte sia, attraverso  i media, molto maggiore che in passato. Le immagini però in qualche modo vivono disancorate dalle emozioni, si attua quindi un’ulteriore rimozione dell’angoscia.

LA RITUALITA’ E LA MORTE

Il rito, infatti, il rito funebre, come anche altre ritualità connesse alla morte, hanno una funzione ben precisa per agevolare il distacco di chi è “mancato”, per permettere a coloro che sono rimasti di avere una rete sociale e simbolica di supporto. Tale supporto, oltre ad alleviare il senso di solitudine, diviene un sostegno anche pratico per affrontare la quotidianità e per riprendere lentamente la vita.

La ritualità fornisce una lettura simbolica e riconnette l’individuo con la collettività ed il suo contesto di appartenenza; essa permette una narrazione per chi incontra tale evento per la prima volta come accade, ad esempio, per i bambini .

Il rito, la “messa in scena” del dolore, è dunque un potente mezzo per esorcizzare la morte e per fare fronte all’angoscia che essa rappresenta.

L’impoverimento di tale dispositivo nella nostta società rende questo evento molto più tragico e terribile poiché aumenta il senso di solitudine ed abbandono vissuto da chi lo subisce.

IL LUTTO ED I SOGNI

Le cossidette fasi del lutto (negazione, patteggiamento, rabbia, depressione ed accettazione) generalmente fanno il loro corso e in qualche modo le persone riescono a riprendere il loro percorso di vita nonostante il dolore della perdita.

I sogni posso aiutare a “rielaborare il lutto”.  La realtà onirica diviene uno specchio ed una risorsa per l’anima. Si puo’ sognare la persona cara ed avere la possibilità di avere un commiato da lei, come anche si può semplicemente attraversare un dolore molto grande supportati dalle immagini del sogno. Al contrario, nei casi in cui l’elaborazione del lutto sembra essersi in qualche modo bloccata, il sogno ripropone tale tema, per dare modo alla persona di prenderlo in considerazione.

Jung, in un intervista sulla morte, riferisce che i sogni trattano tale evento come se ci fosse continuità tra la vita e la morte, delineando così una lettura di tale evento meno angosciante e straziante di come è definita dal nostro contesto di vita, in cui sempre più spesso il credo religioso è assente a supportarne il senso.

Il sogno procede esso stesso a dare una forma di ritualità e rinarrazione della separzione, rappresenta quindi una risorsa per il sognatore.

Nei casi in cui superare un lutto sia particolarmente difficile è importante dare ascolto a tale dimensione.

La psicoterpaia stessa è un dispositivo rituale, all’interno del quale, trova spazio una possibilità di rielaborazione del dolore, secondo regole prestabilite (il setting: l’il giorno, l’orario, le modalità di incontro che si ripetono nel tempo) che permettono di creare un “contenitore” all’interno del quale dare spazio a se stessi, ai propri pensieri e alle proprie emozioni.