Border- Creature di confine

Odasso, psicologa psicoterapeuta Torino

Border è un film del norvegese Ali Abbasi, già regista del bellissimo Lasciami entrare. La storia raccontata nel film è sorprendente e distopica. Un film che emoziona, a tratti disturba ed anche fa riflettere.

IL FILM

Tina, la protagonista della storia, da sempre si sente diversa dagli altri, ed è vero, lo è, sia per il suo aspetto non propriamente piacevole che per la particolare sensibilità alle emozioni delle persone.

Tina può percepire la paura, l’odio e la colpa delle persone.  Al contempo il suo modo percettivo la avvicina spontaneamente agli animali del bosco che la vengono a cercare in un dialogo muto ma intriso di poesia.

La protagonista del film si sente ed è un’emarginata, una freak lady dai buoni sentimenti che vive profondamente ferita ed estraniata dal resto degli umani.  La sua solitudine si spezza  quando incontra Vore; lui le farà scoprire la sua vera natura e le permetterà di riconoscersi in una diversa razza, forse più “umana” degli umani, ma che degli umani ha assorbito per osmosi anche la depravazione ed il senso di vendetta.

La trama di questo film non va svelata oltre perché merita davvero di essere scoperta.

IL BISOGNO DI RISPECCHIARSI

Border è una fiaba moderna ricca di possibili letture. La prima fra queste ha a che fare con il tema universale del potersi riconoscere e rispecchiare negli occhi di un simile.

Incontrando Vore Tina scopre per la prima volta se stessa e può autorizzarsi ad essere quella che è.

L’altro ci fa da specchio e ci rimanda parti di noi ancora sconosciute che temiamo e pensiamo non possano essere legittime. E’ nello sguardo della madre che il bambino trova per la prima volta il senso di sé e la possibilità di esistere. Quando questo rispecchiamento non avviene manca, nel bambino prima e nell’adulto poi, un senso coeso di sé.  Il bisogno di rispecchiamento è universale e la mancanza di tale possibilità crea una profonda sofferenza.

Talvolta è nell’amore che questo bisogno di essere riconosciuti e riconoscersi viene appagato. Quando finalmente incontriamo qualcuno il cui sguardo non ci fa più paura e possiamo rispecchiarci interi come siamo, in uno sguardo senza giudizio.

Tina può essere se stessa fino in fondo quando incontra Vore; con lui scopre la sua animalità, o per meglio dire la accetta non come un difetto da nascondere ma come una parte di sé.

TRA NATURA E CULTURA

Altro tema del film è il contatto con la natura che l’umanità ha perso e con essa la possibilità di dialogo con la propria istintività.

Tina è diversa perché sente profondamente. Percepisce le emozioni, come anche l’universo naturale, come maggiore intensità rispetto agli altri. La protagonista si è adattata con fatica al mondo ma questo ha comportato perdere o sopprimere una parte di sé. In questo senso è una creatura di confine poiché abita quella frontiera dell’esistenza fra l’essere omologati ed inseriti nei parametri della civiltà (casa, lavoro, macchina, convivente) e il bisogno vitale e spasmodico, nel suo caso, di essere anche e ancora un essere del bosco in dialogo con la natura. La mancanza di tale dialogo le provoca una profonda infelicità ma non può riconoscerlo fino in fondo finché non incontra Vore; così come non può lasciarsi andare alla propria istintività sconosciuta e spaventosa.

Perdere il contatto con la Natura ha significato per la nostra società perdere una parte di benessere in nome di un agio che spesso è privo di sostanza. Il ritmo della natura come anche il rapporto con gli animali ci insegnano ad avere un rapporto sano con il nostro corpo, con il temo che scorre, con la vita.

LA LUCE COME L’OMBRA

Nell’ombra, intesa come un concetto della psicologia junghiana, c’è tutto quello che rifiutiamo o che non ci è stato svelato di noi. L’ombra si nutre di quello di cui abbiamo bisogno ma che non possiamo esprimere, come anche dei traumi o dei ricordi negati. Negare parti di noi porta all’infelicità e alla patologia. L’ombra racchiude quindi un tesoro che ci appartiene e che va recuperato.

L’incontro con Vore diviene quella svolta esistenziale che permette a Tina di riconoscere la propria ombra ma anche la propria luce, anche quando questo rende necessario separarsi dolorosamente da lui.

Spesso accade nella vita che alcuni incontri ci permettono di cambiare ma che poi la relazione non possa continuare. La persona è stata un catalizzatore della nostra crescita e consapevolezza ma bisogna lasciarla andare. Quello sguardo d’amore che dapprima ci ha uniti diviene, poi, una zavorra che può bloccarci in situazioni che non ci rispecchiano più.

Tina sceglie di essere fino in fondo se stessa anche quando rifiuta quello che non le appartiene e questo significa separarsi da Vore.

L’incontro con l’altro, la relazione, non è mai vana perché ci lascia profondamente trasformati e con qualcosa di nuovo di noi da accudire e crescere.

I SEGRETI FAMIGLIARI

Talvolta nelle famiglie esistono dei segreti che segnano per sempre l’esistenza di chi ne è all’oscuro. Alla protagonista del film accade proprio questo. Il rapporto, seppur amorevole con il padre anziano è velato dal segreto della sua provenienza e della sua identità.

Talvolta per ignoranza, o per incapacità di parlare, i genitori tengono all’oscuro i figli di temi fondamentali per loro; banalmente questo accade ai genitori adottivi che non svelano ai figli chi sono i loro veri genitori, ma il meccanismo di “oscurare” avviene anche negando ai figli di essere quelli che realmente sono.

Riconoscere un figlio per quello che è, con le sue  caratteristiche anche se non sono ritenute adeguate o adatte, è un compito fondamentale per i genitori.  Quando questo riconoscimento non avviene il bambino crescerà con l’idea che alcune sue caratteristiche siano sbagliate e cercherà egli stesso di nasconderle e di adattarsi a quello che il contesto vuole da lui rinunciando a parti di sé profondamente vitali.

Ad esempio, in una società che assegna alla estroversione il primato dell’essere, chi è schivo e taciturno sembrerà sempre un disadattato come anche chi ha una particolare sensibilità per una qualsiasi dimensione della vita. Troppo spesso genitori, anche se in buona fede, fanno questo grosso errore, creando una danno ai figli.

IL BRUTTO ANATROCCOLO: abbracciare la propria diversità

Tante sono le violenze che spesso, impercettibilmente, segnano le vite di chi è diverso, fuori dagli schemi della norma che la società impone. Una violenza che diviene tanto maggiore quanto il bambino prima e l’adulto poi, si convince di essere sbagliato e non trova qualcuno che lo legittimi ad essere se stesso.

Tina trova in Vore la possibilità di scoprire chi realmente è.; scopre di non essere sbagliata ma di essere semplicemente di un’altra razza e di poter essere felice solo se si riconnette con quella parte di lei soffocata dai canoni della società che la circonda. Il brutto anatroccolo può diventare cigno perché capisce che non è sbagliato ma semplicemente diverso. L’abbraccio dell’altro diventa quindi una metafora per il primo e fondamentale abbraccio che è quello verso noi stessi.

DISTURBO DI PERSONALITA’ BORDERLINE

Borderline è un termine molto di moda negli ultimi anni, spesso frainteso e usato in modo sbagliato della persone comuni. Il disturbo  di personalità borderline, che ha invece una precisa valenza clinica, si caratterizza per una fragilità dell’Io.

La personalità nevrotica ha un Io solido; il contatto con la realtà della persona è mantenuto, con maggiore o minore rigidità, a seconda delle caratteristiche della personalità. Il border ha un Io fragile che in situazioni di forte stress o eventi traumatici si può “scompensare”: questo significa che la persona può perdere il contatto con la realtà. Naturalmente come per tutte le strutture di personalità ci può essere una maggiore o minore gravità della situazione.

Altre caratteristiche della personalità border sono l’impulsività e l’incapacità di poter percepire profondamente un senso di coesione di sé.

In questa condizione psicopatologica la persona può stare molto male e scivolare in uno stato di delirio o comunque in una lettura della realtà non condivisa. Viceversa se ben supportato e contenuto anche chi ha una struttura di personalità di questo tipo può vivere la propria vita nel miglior modo possibile. Spesso perchè questo accada è necessario fare un percorso di psicoterapia che aiuti la persona a fare i conti con la propria fragilità e sensibilità ed anche le vicende traumatiche della propria vita.

Chi ha un disturbo di questo tipo è generalmente una persona con una grande sensibilità che non ha avuto relazioni famigliari adeguate e presenta talvolta storie di vita profondamente dolorose. La terapia può aiutare a trovare quel senso di sé che non si è potuto avere dalle relazioni primarie e a gestire in modo sano le proprie emozioni.

IL CONFINE

Border è una favola ma anche un triller ed inoltre una lettura critica della  nostra società.

Il film ci insegna che solo nelle terre di mezzo, talvolta si può ritrovare se stessi o parti di sé e della propria storia dimenticate. Certi attraversamenti sono faticosi e non privi di pericolo ma solo così si può diventare persone intere e creative.

Cosa significa infine essere Border? Innanzitutto essere Border può voler dire “non essere omologati e/o rassegnati”; in questo senso ognuno di noi deve coltivare le proprie zone di follia e diversità per essere “sano.”.

Riconoscersi la propria legittima stranezza vuole dire imparare a volersi bene. Poter raccontare e leggere in una nuova prospettiva la propria storia significa trovare una nuova possibilità di relazione con se stessi e con il mondo che ci circonda.