Lars è un ventisettenne schivo che vive nel garage della sua casa di proprietà, dove si sono sistemati il fratello con la moglie in attesa di un figlio.
L’ambientazione è la provincia americana, puritana e scarna.
Il film risale al 2007 ma essendo una sorta di favola surreale diviene senza tempo e paradigmatica di una vicenda umana che parla di malattia ma anche di possibile guarigione.
CHE COSA E’ LA MALATTIA MENTALE?
A livello generale, senza scendere in specifiche categorie, essa si può definire come la rottura di una lettura condivisa della realtà. La persona si pone fuori dagli schemi condivisi e condivisibili dal suo contesto di vita.
Lars vive quello che in termini clinici si definisce isolamento sociale, nessun amico, un lavoro routinario e soprattutto nessuna fidanzata. L’affetto sincero della cognata e del fratello lo imbarazzano e finiscono per farlo chiudere ancora di più dentro di sé. I tentativi di approccio di una giovane collega vengono sistematicamente ignorati.
Lars vuole essere lasciato in pace poiché il mondo gli risulta troppo invadente; non ama essere toccato poiché il contatto gli procura un profondo bruciore e lo rende fragile e nudo di fronte ad una vicenda umana che ignora e che non si può permettere di esplorare.
Questo piccolo film indipendente, che vede protagonista un giovane Ryan Gosling, non ancora apparso sulle scene dei grandi circuiti, è una preziosa metafora su quello che la malattia mentale può rappresentare e su quello che occorrerebbe fare per non cronicizzarla. Il condizionale è d’obbligo in primis perché il film è una favola surreale e poi perché, come tutte le parabole, non può rappresentare la complessità di un evento reale e del contesto in cui questo avviene.
Lars decide ad un certo punto di fare qualcosa per sé. Si trova una ragazza tutta sua, Bianca, sulla quale proietta, come direbbe Jung, tutta la sua Anima femminile idealizzata fatta di profonda sensibilità e fragilità. Sarà l’inizio di un percorso di follia ed esplorazione del proprio dolore ma anche di crescita e reinserimento nel proprio contesto famigliare e comunitario.
Non svelerò oltre del film che è un piccolo capolavoro che va visto e non raccontato.
COSA ACCADE QUANDO CI SI AMMALA NELLA MENTE?
Il film sembra dare una lettura chiara di quest’evento. La malattia è il tentativo di riparare una realtà che crea sofferenza in un modo incongruo ma comunque vivo e denso di possibilità riparative.
Cosa succede in genere quando arriva la malattia?
Nella realtà spesso si finisce rapidamente in un circuito di diagnosi e cura che tende ad incasellare la persona e a proporle l’uso di farmaci e spesso, purtroppo, di poco altro. Molti sono i servizi di salute mentale dove si lavora bene nonostante le risorse economiche sempre più ridotte. Nonostante questo il paradigma di cura non sempre, anzi spesso risulta non essere efficace.
Nel film questo non avviene.
Lars e la sua famiglia, chiaramente in ansia per le sue sorti, incontrano un dottore che propone loro un percorso di affiancamento a latere molto rispettoso della vicenda umana del protagonista. C’è consapevolezza della criticità del momento ma nessuna diagnosi né invadenza nel processo in atto nel protagonista. Chiaramente questo è possibile, è doveroso dirlo, poiché il personaggio è autonomo nella sua quotidianità e non violento.
COSA AIUTA LA GUARIGIONE?
Cosa aiuterà Lars a guarire?
Un accompagnamento umano che non lo lascia solo e non lo chiude in una lettura patologica a priori, pur nella consapevolezza della gravità del momento. Una presenza forte ma in levare.
Una famiglia che, aiutata, accetta, anche se con enorme e comprensibile fatica, di mettersi in discussione e accompagnarlo nel suo faticoso percorso di malattia e guarigione.
Una comunità accogliente che accetta, anche con i suoi limiti, di farsi carico della stranezza di Lars e che, come la psicologia di comunità insegna, crea intorno a lui una rete di relazioni sociali che lo sostengono e alimentano le sue capacità relazionali.
LA RESILIENZA
In psicologia, la resilienza è la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.
Alla fine della storia Lars risulta, per usare un termine molto di moda al momento, resiliente. E’ in grado cioè di superare il suo momento di profonda crisi e scollamento dalla realtà condivisa per trovare un nuovo equilibrio dentro di sè ed un adattamento sociale nuovo.
Il film si conclude quindi con un happy end, un lieto fine che, spesso, per disparati motivi, non ultimo l’incapacità della psichiatria di offrire risposte adeguate alla malattia psichiatrica, non avviene nella realtà.
Questa lettura non vuole di certo demonizzare tutto quello che di buono la psichiatria attuale può fare e fa per i propri pazienti, pur avendo di certo una posizione critica nei suoi confronti, ma serve per interrogarsi ancora una volta sul profondo mistero della follia e su cosa significhi realmente avere cura di una persona che affronta una malattia mentale seria.
RECOVERY
E’doveroso chiudere questa riflessione con un accenno al concetto di recovery che spesso è più utile di quello di cura quando ci si addentra nel faticoso mondo della psichiatria.
Il termine inglese ha a che fare con il termine guarigione ma non trova traduzione nella lingua italiana. Recovery non significa guarigione ma capacità di attraversare la malattia e ritrovarne un senso, di convivere con essa e di farsene al contempo protagonisti attivi cercando nuove possibilità e adattamenti.
Lars attraversa tutto questo e ne esce profondamente trasformato e capace di accedere alle possibilità che la vita reale gli offre; ma senza Bianca, tutto questo non sarebbe stato possibile.